ARTICOLO n. 3 / 2022

LA POESIA È UNA NUVOLA?

Ritratto obliquo di Anne Carson

1. In obliquo

Questo è un attraversamento obliquo della poesia di Anne Carson passando per i suoi libri pubblicati in Italia. Da Eros il dolceamaro, uscito nel 2021 per la giovane casa editrice Utopia, nella traduzione di Patrizio Ceccagnoli, con uno scritto di Emmanuela Tandello; ad Autobiografia del rosso, inizialmente pubblicato da Bompiani nel 2000 e poi riportato in libreria da La nave di Teseo nel 2020, con traduzione di Sergio Claudio Perroni; ad Antropologia dell’acqua. Riflessioni sulla natura liquida del linguaggio, edizione italiana a cura di Antonella Anedda, Elisa Biagini, Emmanuela Tandello, Roma, Donzelli, 2010; a The Albertine Workout, edito da Tlon nel 2019, a cura di Eleonora Marangoni, con traduzione di Giulio Silvano; fino a Economia dell’imperduto, traduzione di Patrizio Ceccagnoli con uno scritto di Antonella Anedda, arrivato nel 2020 in Italia ancora attraverso Utopia, che sta pubblicando o ripubblicando tutta l’opera saggistica di Carson; e fino alla pièce teatrale del 2019 Norma Jeane Baker of Troy, edita da Crocetti nel 2021 a cura ancora di Patrizio Ceccagnoli con il titolo, scelto dall’autrice, di Era una nuvola – una versione dall’Elena di Euripide. È un attraversamento obliquo perché va per frammenti, senza porsi il problema dell’intero. Lavorerà sull’intero la lettrice, il lettore. Come il lavoro di Carson che presuppone infinitamente un prima, un’origine sempre letteraria, così faremo insieme qui. 

Eros il dolceamaro

2. Il confine della carne e del sé 

È la materia di Eros il dolceamaro, l’impossibile, il fatto di opposti. Sin da subito, lo sappiamo: tornare indietro a identificare un precedente, scrivere sempre a partire dal già scritto. Il desiderio erotico è innato in questa scrittura per /attraverso la scrittura di un Altro e tornerà nell’opera di Carson fino a Norma Jeane/Marilyn, passando per Gerione che desidera Eracle, passando per Albertine, tutta una teoria auerbachiana di figure di desiderati e desideranti, continua traslazione traduzione. Impossibile. Quindi, da farsi.  

3. Misurarsi con l’origine

E per misurarsi con l’origine, cosa c’è di meglio dei lirici greci? La prima origine in Occidente, il punto di partenza – seguirà, lo sa chi scrive, la seconda genesi nei trovatori provenzali, poi la terza matrice, l’origine oscura, il Novecento, da cui non si torna indietro, da cui si può solo andare oltre. Il nucleo già radiante: l’idea di Eros come mancanza e il suo influsso su di noi, la radiosa assenza, presenza assente, già amor de lonh? Carson stessa lo dice. Comunque, nostalgia dell’interezza, del prelinguistico? 

4. La grandiosa invenzione

Se «l’atto d’amore è un’ibridazione» in cui «si confondono i confini del corpo, le categorie del pensiero», o ancora, se «il paradosso è ciò che prende forma sulla lastra sensibile della poesia», qui Anne Carson è quasi Walter Ong nell’intuire che la scrittura, la grandiosa invenzione, ci racchiude nei confini del sé. «Le culture orali e scritte non pensano, non percepiscono la realtà né si innamorano nello stesso modo».

5. Ne consegue la guerra

Così il desiderio erotico diventa invasione, percepito da chi sperimenta per la prima volta questo nuovo sé racchiuso, uno in sé, compatto, giardino circondato da alte mura. Ciò che secondo Marguerite Yourcenar in Quoi? L’Éternité, in pieno rovesciamento dei termini, sarà ogni grande amore. 

6. Ne consegue l’entanglement

Nella dottrina degli effluvi di Empedocle, sussurra ancora Anne Carson, tutto respira con tutto. Tutto è già connessione quantistica. Ciò che è in connessione è perché non è lo stesso. «Il tu e l’io non sono una cosa sola». Se lo siano mai stati, rileva dell’irraccontabile, di ciò che è prima della prima origine. Lì questa poesia, forse nessuna altra poesia, ma è cruciale il forse, non può dire.

7.  Una forma di conoscenza

Innamorarsi diventa così una forma del conoscere. Diviene possibile l’ideale dell’io. In questa tensione è tutto Eros, la sua mancanza, il suo movimento, l’arco, la danza. Sia l’esperienza del desiderio che quella della lettura hanno qualcosa da insegnarci sui confini, ci dice Carson, e cita Werner Heisenberg: «esistono diversi tipi di conoscenza … che non possono essere simultaneamente a disposizione della nostra mente». 

8. Il maestro arriva quando l’allievo è pronto

Scrive Anne Carson, quando Eros entra dentro di noi, nel momento dell’inizio, dell’origine, «entriamo in contatto con ciò che è dentro di noi, in modo improvviso e sorprendente. Percepiamo ciò che siamo, cosa ci manca, come potremmo essere. (….). Una disposizione d’anima legata alla conoscenza comincia ad aleggiare sulla nostra vita», perché Eros «può insegnarci la vera natura di ciò che abbiamo dentro», è «il principio di ciò che siamo destinati ad essere».

9. Ne conseguono la mela e l’Albero della conoscenza del bene e del male?

Nel momento in cui ci vediamo come privati di quello che manca, e vediamo noi stessi, e dobbiamo conoscere nella mancanza. Le antiche saggezze riportano sempre nello stesso luogo?

Autobiografia del Rosso

10. Alla seconda potenza

Quello di Carson è scrivere sempre attraverso, ce lo siamo detti. Letteratura elevata alla seconda potenza. Cosa la porta a questo, cosa dice nascondendo l’autrice, cosa nasconde dicendo. Detto modestamente, in ogni (breve) biografia, lo studio dei classici, come «ciò che faccio per vivere». Omissione, attirare l’attenzione negando, negandosi. Un filo a cui aggrapparsi, come la corda di carne che tiene le ali del ragazzo-mostro Gerione. 

11. Heimlich unheimlich

Il mondo classico appare (ancora) a occhi europei familiare, heimlich? Quasi high concept, terreno conosciuto, magari anche chance di successo. Allo stesso tempo, lo sappiamo, nasconde oscurità, tanto più oscure quanto insospettate, invisibili. Non attraversate. Questa sensazione di familiarità in Italia generazione dopo generazione diminuisce. (Chi direbbe anche, attraverso il ceto e le classi). Forse ancor più con la distanza, spazio invece di tempo, attraversando l’oceano, con occhi dal Nordamerica. Domanda per cui non esiste una vera risposta, ci porta al numero 12.

12. Domanda che non può essere rivolta

Dove scegli di stare, tra il chiarore e l’oscurità? Davvero scrivi poesia chiara e trasparente sull’indecidibilità delle cose? (In fondo, è il gran tema del trobar clos). Non che sia mai stato risolto, né prima né dopo.  Ci porta a The Albertine Workout.

The Albertine Workout

13. Tenendo presente Albertine

L’opera vastissima di Proust si distilla in The Albertine Workout in una poesia di osservazioni brevissime, schegge e frammenti: è il residuo irriducibile, è quello che resta, ed è di questo residuo che dobbiamo dare conto, sembra dirci Carson? (Di nuovo, in un sussurro, siamo a chiederci fino a che punto la letteratura deriva dall’io, dal mondo, dall’io-e-mondo, e fino a che punto da altra letteratura, fino a che punto ciò che scriviamo è sempre stato già scritto?

14. Un altro modo di chiamare la traccia e l’aura

In che rapporto sono l’apparizione e la metamorfosi? Possiamo mettere in relazione questi termini con i poli opposti di poesia e prosa, che qui si avvicinano fino a toccarsi? Se sei davvero obbligata alla scelta, metafora o metonimia?

15. Quello che ci stiamo chiedendo in realtà

È cosa rimane della Grande Opera, anche nel senso alchemico.  La voce di questa poesia dice anche solo frammenti, schegge come di legno nella carne, spine?

Antropologia dell’acqua

16. Qual è la differenza tra incontro e scoperta?


E possiamo chiamare anche la poesia, come l’antropologia, una scienza di reciproca sorpresa? Un viaggio da cui non puoi tornare come sei partito, ma soltanto diverso – come qualsiasi viaggio, in realtà. Solo che, appena nascosto dai paesaggi della Galizia, questo è in realtà un viaggio nel regno dei morti.

17. Quattro frammenti a scelta

«Cos’è la paura dentro al linguaggio? Nessun incidente del corpo può impedirle di bruciare».

«Tu non puoi vedermi, sono al buio, in ascolto, come in un vortice». 

«I due modi di conoscere il mondo sono solo sottomettersi o divorare? Entrambi finiscono, più o meno, nello stesso posto».

«Mi domando se ci vengono inviati segnali come una voce all’interno della carne».

18. Un ritmo di vuoti e pieni

Pellegrinaggio, campeggio, nuoto hanno in comune l’essere traversate dello spazio e del testo, scandite da un ritmo di vuoti e pieni. Questo fa Carson in questo libro, di qui la poesia. In fondo sempre nient’altro che attraversamento di spazio e tempo ignoto.

19. Acqua è connessione

In un libro fatto di punti da collegare, di tracce disgiunte, una scrittura che ha una struttura quantica, a salti.

20. I personaggi maschili del libro

L’Imperatore – anche una carta dei Tarocchi – domina la Terra. Il mio Cid lotta senza tregua ancora dal mondo dei morti se seguiamo la leggenda. E il nuotatore dev’essere necessariamente il signore delle acque. Cosa è allora della voce femminile, Fenice che rinasce, cos’è suo, il regno del Fuoco?

Economia dell’imperduto

21. Paul Celan e Simonides

Come Phlebas il Fenicio di T.S. Eliot alle prese con la perdita, la più terribile perdita. E in Simonide, alle prese con quello che oggi chiamiamo profitto, su uno sfondo di lapidi. Per cosa scambiamo, per cosa sprechiamo oggi la poesia? Chi davanti a noi, e per che cosa, sta diventando fantasma?

Era una nuvola

22. Sono già tutti fantasmi

Elena spettro vivo secondo Euripide, in realtà era una nuvola. Così, onda-particella, nube di probabilità/possibilità, nient’altro che una sovrapposizione di stati. Elena spettro, spirito, Elena è Marilyn, Norma Jeane è Marilyn, Ben Whitaker, l’attore per cui fu scritta la pièce, è Norma Jeane, tutto è sempre anche qualcos’altro. La verità semplice per cui siamo sempre, sempre e ancora un ibrido con ciò che è oltre noi, per cui viviamo sempre nella metamorfosi. Potremmo mai uscirne? 

ARTICOLO n. 74 / 2024