Silvia Bencivelli

ARTICOLO n. 57 / 2022

TUTTO QUELLO CHE NON FARÒ AD AGOSTO

Dove sarò questa estate?

Parliamo piuttosto di che cosa non farò.

Agosto uguale trentuno giorni senza asilo nido.

Gli altri mesi, aprile, giugno e settembre, il nido è sempre aperto, con l’eccezione dei fine settimana e delle feste normali, tipo Natale e primo maggio.

Poi c’è luglio. A luglio i nidi restano aperti, anche se in versione “centro estivo”: abbandonati i vezzi pedagogici dell’accoglienza (che i genitori chiamano “inserimento”, secondo il loro ovvio punto di vista), a luglio puoi prendere tua figlia, portarla in un nido della rete dei comunali, lì troverà altre educatrici, altri compagni, altri cuochi e altri giocattoli, ma va bene tutto. E per due o quattro settimane (tre no: o due o quattro) comunque sarete sistemate.

Ad agosto invece i nidi sono proprio chiusi.

L’anno scorso ho capito tardi la cosa del luglio e del centro estivo e ho pensato che i mesi scoperti fossero due, così ho accettato di lavorare anche ad agosto perché non è che possa permettermi due interi mesi di ferie. In qualche modo d’agosto mi arrangerò, mi sono detta. E ho rovinato l’estate a mia madre, dannandomi l’anima.

Quest’anno mi sono organizzata meglio. Fino a metà luglio lavorerò come una matta, poi prenderò figliola e bagagli e andrò in cerca di un posto dove farla giocare senza troppo disperarmi, cioè senza ostinarmi a lavorare. Perché con una bambina di due anni e mezzo tra i piedi è difficile fare quasi qualsiasi cosa.

Lei vuole aiutarmi, vuole vedere quello che faccio, vuole provare la tastiera del computer, vuole scrivere un libro, vuole colorare le pagine della mia agenda, vuole vedere il video che sto guardando e parlare su Zoom con gli «amici della mamma», che per i primi dieci secondi sono entusiasti della testolina di riccioli biondi che compare sullo schermo poi cominciano a spazientirsi. E quando smetto di lavorare e passo, rassegnata, a fare le cose di casa, allora lei vuole fare la lavatrice, vuole cucinare, vuole farsi la doccia con me, vuole saltare sul letto, vuole dirmi una cosa importante.

Vuole fare la bambina di due anni e mezzo, cioè. E il problema, parte del problema, è che a me piace da morire. Ed è un tormento.

Quindi al momento non so esattamente che cosa farò in agosto, ma so che cosa non farò: lavorare con un computer a cose che richiedono concentrazione e silenzio. Cioè non lavorerò, basta: è deciso.

Che originalità? Ad agosto “non lavorare” è un piano che hanno in tanti?

Ma a me lavorare piace. Faccio un lavoro divertente, e non finirò mai di stupirmi per il fatto di essere pagata per leggere, scrivere, viaggiare, a volte parlare, e se non mi va di parlare anche tacere. E non mi piace non avere niente da fare. Perciò essere costretta a non lavorare è una sofferenza: è come se perdessi di aderenza alla mia vita, mi confonde le idee. In più il mio lavoro richiede anche un certo ordine e una certa diligenza e anche questo mi piace: mi piace avere il controllo della mia contabilità e mi piace avere una to-do list piena di cose, e mi smarrisco se qualcosa mi sfugge. Non so godermi il riposo se non l’ho ben programmato e messo in agenda.

La differenza tra questa estate e quella scorsa è dunque che per questo agosto il riposo l’ho messo in agenda. 

Oh, beh. Comunque non rischio di starmene con le mani in mano. Perché l’andamento di questo agosto dipenderà anche dai lavori in casa nuova e da tutti i casini che vi stanno spuntando intorno: grappoli di casini di tutti i tipi.

Mi spiego: ho comprato una casa piena di rogne, molte più rogne di quelle visibili al momento dell’acquisto e di quelle immaginabili notando l’assenza di impianto di riscaldamento (la casa è sempre stata abitata) e soprattutto notando una toppa di mattonelle blu ai piedi del water. Era un appartamento “con molte potenzialità”, e tutte, proprio tutte, da esplorare.

Per esempio, esplorando al di sotto delle mattonelle di un terzo della casa è comparso un solaio di legno così marcio da sgretolarsi tra le dita. Gli operai hanno notato che ha del miracoloso non essere capitati sulla testa di quelli del piano di sotto, e hanno commentato con una cosa tipo: «aò, se ce invitano a pranzo possiamo evità di fa le scale e scenné direttamente da qui».

Il solaio marcio ha avuto innumerevoli conseguenze su cose e persone.

Per esempio l’architetta ha dovuto reclutare un ingegnere strutturista, il quale dovrà fare operazioni che non so, e con lui ha rifatto il disegno della casa per evitare “nuovi problemi strutturali”. Il risultato è che i bagni non saranno più dove avrebbero dovuto essere, le porte lo stesso, e la cucina sarà “specchiata” (cioè a sinistra invece che a destra) per addossarsi a un muro portante che dà garanzie di stabilità maggiori del resto della casa. L’architetta ha anche prescritto “più mensole che librerie”, spiegandomi che dobbiamo sfruttare i muri portanti ed evitare di gravare troppo sul pavimento. A casa finita, cammineremo rasente ai muri come i ladri.

In ogni caso, anche prima di cominciare a parlare di bagni e cucine, è stato necessario rimuovere il marcio e sostituirlo con materiali nuovi. Tutto questo ha già comportato ovviamente costi e, dramma nel dramma, ritardi. Adesso, se entraste in casa mia nuova, vi trovereste a camminare a un livello di venti centimetri inferiore rispetto a quello che sarà il definitivo. Probabilmente dovreste anche offrirmi una spalla su cui piangere. Per il “definitivo” si parla serenamente di settembre.

Ecco dunque la seconda cosa che non farò quest’agosto: non mi godrò casa nuova. Manca il pavimento, come si fa?

Non farò nemmeno gli scatoloni in casa vecchia, per la questione del nido chiuso e dell’allegra bambina di due anni e mezzo (quasi tre) di cui sopra. Ad agosto, in sostanza, aspetterò settembre. E settembre sarà un mese di delirio. Perché il momento in cui, forse, sarà possibile cominciare a spostare gli scatoloni coinciderà con quello in cui io, come ogni brava madre, dovrò impegnarmi a seguire l’accoglienza di mia figlia alla scuola dell’infanzia (che non si chiama “inserimento”, sto cercando in tutti i modi di mettermelo in testa, anche se è ovvio che da parte mia io “inserisco” e non “accolgo”. E la scuola dell’infanzia, per i profani, è quella che un tempo si chiamava “materna”). Cioè è molto probabile che a settembre per fare la brava madre sia chiamata a passare le mie mattine a scuola con mia figlia, quindi poi non so chi mi gestirà il trasloco e, dettaglio non secondario, come potrò contemporaneamente anche lavorare. 

Dunque al momento è molto probabile che nella prima metà di agosto andrò in montagna coi “nonni”, che è come da un paio di anni in qua chiamo i miei genitori. E che nella seconda, sopraffatta dall’ansia, cercherò ospitalità da amici con casa al mare, per poi scoprire che a mia figlia il mare non piace.

Terza e ultima cosa che non farò questo agosto, dunque: andare al mare. L’anno scorso ci ho provato: eravamo in un posto bellissimo in Liguria ma la bambina ha passato tutta la settimana a impedirmi di avvicinarmi all’acqua perché le faceva paura. È stata una sofferenza tantalica, per me, salutare ogni mattina gli amici in costume, sempre più abbronzati e sereni, e inventarmi ogni giorno qualcosa da fare sulla terraferma. 

Poi chissà: magari in questo anno è maturata, magari scopro che le cose sono cambiate. Un tentativo marino stiamo per farlo. Come esperimento, proprio adesso che scrivo queste righe sto organizzando un fine settimana nel sud della Toscana per scappare dal caldo di Roma: a mia figlia ho spiegato che andremo su una spiaggia con tanta tanta sabbia, e vediamo se col mare facciamo pace.

Ecco anche perché, nella prima metà di agosto, appena gli operai decideranno di sospendere i lavori al cantiere, andremo in montagna: mucche, laghetti, lancio di sassolini nei torrenti, corsa nei prati, e a nanna molto presto. Col retropensiero fisso di potermi avvicinare al computer a rispondere alle mail tutte le volte che la mia bambina si sarà addormentata. Ah, sì: in montagna ci sarebbero anche delle bellissime piscine all’aperto, ma a mia figlia fanno paura anche quelle. 

Continuare a parlare della vera estate prossima ventura significherebbe continuare a lamentarmi, perciò ora smetto. La vera verità è che sto cominciando a scrivere un nuovo libro, finalmente, dopo la pausa impostami dalla combinazione maternità + pandemia. D’estate vorrei mettermi a studiare e cercherò di farlo in ogni momento in cui sarà possibile farlo. E sono ottimista, persino allegra. Non ho alternative, e questo aiuta.

Lascio solo una notarella per chi potrà ospitare me e la bambina nella seconda metà di agosto, ben distanti da qualsiasi possibilità balneare: grazie, possibilmente vicino a un’altalena. Un tavolo a me sarebbe utile. Ma nessun problema se per caso non c’è una rete Wi-Fi.