Gabriele Salvatores

ARTICOLO n. 88 / 2023

COSA NON FAREBBERO GLI ATTORI PER UNA BATTUTA

Pubblichiamo un’anticipazione da Lasciateci perdere (Rizzoli) da oggi nelle librerie. Ringraziamo l’editore per la disponibilità.

Io vi amo tutti e due. E va bene, io voglio anche ammettere di avere sbagliato, ma il fatto è che voi due, insieme, siete un uomo perfetto. Allora da un certo punto di vista, vale a dire dal mio punto di vista, io mi sono innamorata di un uomo solo! (Laura Morante, Turné, 1990)

Marrakech Express era uscito al Mignon di Milano a maggio ed era rimasto in cartellone estate, autunno e parte dell’inverno. Lo smontarono verso Natale. Una cosa oggi impensabile. E tutto grazie al passaparola!

Elettrizzato da questo successo, Minervini mi propone Turné, una storia che aveva già per le mani e che gli piaceva molto perché, in qualche modo, lo riguardava. Anche lui aveva fatto parte di una relazione sentimentale “triangolare” e sapeva come ci si sente in certe situazioni. 

Al soggetto aveva partecipato Paolo Virzì, la sceneggiatura l’avevano scritta Francesca Marciano e Fabrizio Bentivoglio, che allora stavano insieme. Era un po’ diversa da come poi l’abbiamo girata. A un certo punto, la madre di uno dei protagonisti moriva, c’era una lunga deviazione in cui andavano a spargere le ceneri e secondo me non funzionava. 

A quei tempi i film si facevano in gran fretta e Minervini aveva il doppio della fretta di chiunque altro. Così, già a metà dei sopralluoghi, chiedo e ottengo quindici giorni per fermarci e riscrivere la seconda parte del testo.

Si potrebbe pensare che Turné, storia di un triangolo amoroso ambientato nel mondo del teatro, fosse il film con cui io volevo sublimare la mia vicenda sentimentale. Non è così. Però il progetto cascò dal cielo al momento giusto. Avevo conoscenza diretta di qualcosa di molto simile, ovvero la sensazione di déplacement che si prova nel sentirsi divisi tra due persone. Ma quello che per me è l’aspetto più interessante di Turné è il tema di come due esseri completamente diversi tra loro possano affascinare e fare innamorare la stessa persona. Per diventare chi siamo, dobbiamo confrontarci con altro da noi, dobbiamo scovare il nostro “compagno segreto”, come quello del racconto di Joseph Conrad. Nella stiva della nave su cui viaggiamo, c’è una parte di noi sconosciuta agli altri e che prima o poi emergerà.

Ricordo la lavorazione di Turné come un’esperienza complicata, con momenti che, a ripensarci adesso, sembrano usciti da una commedia di Feydeau. Dormivamo negli stessi alberghi, spesso occupando stanze sullo stesso piano, nello stesso corridoio. Io stavo con Rita però non lo avevamo detto a nessuno. Diego (Abatantuono, ndr) stava già con Giulia, che poi è diventata la sua seconda moglie. Giulia non venne mai sul set, in compenso Rita ci raggiunse qualche volta, sempre per portare Marta a passare del tempo con suo padre. Fabrizio stava da solo ma era uno straccio perché, nel frattempo, si era appena lasciato con la sua compagna di allora. Un dettaglio che, cinicamente, si rivelò molto utile alla sua interpretazione di disperato sentimentale. 

Laura Morante, la protagonista femminile, mi era stata consigliata dal solito Minervini che, evidentemente, aveva un grande occhio per gli attori perché era perfetta per il ruolo. 

Laura arrivò sul set e, purtroppo per lei, trovò una situazione ad alto tasso di testosterone. 

Io, Diego, Fabrizio e Italo eravamo legatissimi dopo l’avventura di Marrakech Express e vivevamo Turné come il prolungamento di quell’esperienza imprevedibilmente magica. Avevamo un nostro gergo da tribù coesa, parlavamo e facevamo insieme cose da maschi: il calcio, il Nintendo. 

Credo che Laura si sentisse esclusa e probabilmente aveva ragione. Inoltre, Diego e Laura sono agli opposti in tutto e per tutto. Discutevano di continuo. Su cose piccole e sui massimi sistemi della recitazione. Liti furibonde, lei che sosteneva che l’attore dovesse lavorare per creare personaggi diversi da sé, Diego che rispondeva tutto concitato che l’attore è se stesso e non cambia mai. 

Tale era il clima che fui costretto a girare separatamente alcune delle scene tra loro due. Il primo piano di lui un giorno, quello di lei il giorno dopo. 

Nonostante la sarabanda di amori e umori, Turné riuscì bene. Partecipò al festival di Cannes nella sezione Un certain regard e in sala incassò ancora meglio di Marrakech Express

Seguì, quasi subito, Mediterraneo. Ed eccoci tutti quanti o quasi, di nuovo insieme, compreso Ugo Conti, l’amico d’infanzia di Diego che non poteva mai mancare perché la sua presenza lo rasserenava e tranquillizzava e a cui siamo tutti affezionati. In più c’era Vana Barba, la ex-Miss Grecia che interpreta la prostituta Vassilissa e che verrà con noi anche alla notte degli Oscar. 

Per il ruolo di Aziz, il turco imbroglione, quello che dice «non zo», avevo scelto Alessandro Vivarelli, che in realtà era uno degli organizzatori del film. Un ragazzo di grande simpatia di cui, già dai giorni di Marrakech Express, ero diventato molto amico, condividendo con lui musica, sogni e rabbie. Aveva talento e una faccia fantastica, avrebbe potuto continuare sia a fare il produttore sia l’attore. Se n’è andato presto, quattro anni dopo Mediterraneo. Con una siringa di eroina infilata nel braccio. 

A Kastellorizo c’era un solo hotel, bruttino. Per il resto, la produzione affittò delle case di pescatori più una casetta molto carina sul porto, di proprietà di una coppia tedesca, dove sarei dovuto stare io. A Diego era destinata una casa più grande, ma all’interno del paese e ancora in costruzione. Appena arrivati sull’isola e dato un’occhiata alle residenze che ci avevano assegnato, Diego viene da me e mi propone di fare cambio. Sua figlia Marta si sveglia presto, lui vuole dormire più a lungo e preferirebbe stare da solo. In pratica, mi mette in casa di Rita. A quel punto, gli abbiamo detto come stavano le cose. 

La sua reazione fu tranquilla e un po’ sbruffona: «L’ho sempre saputo, ho fatto di tutto io per farvi incontrare». 

Qualcosa di vero c’era. Rita mi ha raccontato che, parlandole di me, quando ancora lei non mi conosceva, Diego le aveva detto: «Ho incontrato un regista, è uno che potrebbe piacerti. Te lo presenterò, comunque, perché tanto secondo me è frocio». Un assist perfetto! 

Capisco che, vista dal di fuori, la nostra storia può sembrare bizzarra, ma non ci sono mai state discussioni o problemi seri tra me e Diego per questo, né allora né dopo. 

Sul set di Mediterraneo andò tutto bene. Anzi: mi viene da pensare che una volta rivelato il nostro “segreto”, l’aria intorno a noi fu ancora più leggera. 

Ho visto Diego incazzato una volta sola, in quelle settimane. Un giorno avevamo organizzato una festicciola nei tre ristoranti dell’isola per festeggiare dei compleanni, non ricordo di chi. Diego aveva comprato dei piccoli regali per tutti, poi era andato a dormire. Prima di cena, io e Rita passiamo dalla famosa casetta sul porto dove stava lui. Bussiamo più volte. Non risponde. Ci diciamo: «Arriverà». Lui si presenta con oltre due ore di ritardo, infuriatissimo e offeso, sostenendo che ci eravamo dimenticati di lui. Pieno di rabbia, prende tutti i regalini e li butta in mare. 

Sono affezionato a Diego, così come voglio bene a Marta, sua figlia. Un po’ per timidezza e un po’ per discrezione non mi sono mai imposto come vice padre, ma le sono legatissimo. Quando io e Rita ci siamo messi insieme, era una bambina di appena cinque anni. È cresciuta vedendoci lavorare uno accanto all’altro: sua madre, suo padre e io. 

Da ragazzina, ci ha contestati spesso severamente: «Voi, vestiti da straccioni, voi che fumate quelle sigarette puzzolenti» ci rimproverava, con quel tono giudicante e apodittico che possono avere i ragazzini. Mi raccontò che, quando andava alle elementari, a volte Rita saltava giù dal letto di corsa e la accompagnava a scuola ancora in pigiama e lei le intimava di non avvicinarsi alle altre madri o agli insegnanti “conciata così”. 

Adesso Marta è una donna, con modelli di vita giustamente molto diversi dai nostri, come ogni figlio dovrebbe avere. Ha sposato un cardiochirurgo, facendomi così un grande regalo perché ha realizzato il mio sogno di avere finalmente un medico in famiglia. È madre di tre bambini bellissimi che considero miei nipotini acquisiti, come nonno in seconda. Naturalmente, a Diego piace molto dire in giro che io sono il “BIS nonno”. Che cosa non farebbero gli attori per una battuta.

(© 2023 Rizzoli, Milano)