Allan Bay

ARTICOLO n. 63 / 2021

VEGANI E NO

Parliamo di veg, ovvero di vegetarianesimo e di veganesimo. Ma devo fare due premesse:

1) Sono onnivoro, del tutto, non c’è piatto che non mangio o assaggio. A patto che… siano «buoni» ovviamente, qualunque cosa voglia dire.

2) Da giovane «scoprii» uno dei più alti testi mai scritti, l’Antigone di Sofocle: che tanto mi colpì che lessi, poi, anche quella di Brecht e di Anouilh. L’anomalia fu che «tenevo» per Creonte! Non per Antigone, come fanno la più parte dei lettori. Fin da allora mi convinsi che le leggi, l’insieme delle leggi fatte dagli uomini e fatte rispettare da un’autorità, siano la base del contratto sociale. E logica conseguenza divenni legista (senza h mi raccomando!) ovvero un devoto seguace delle teorie di Shen Buhai e di Shang Yang che nel IV secolo a.C. le teorizzarono, cambiando per sempre il destino della Cina.

Ma veniamo al tema in oggetto. Quanti siano i vegetariani, in Italia e nel mondo, non si sa bene, in genere chi raccoglie questi dati non è mai obbiettivo del tutto: tanti attivisti e pochi «giornalisti» oserei dire. Sono comunque una minoranza: anche in India dove il vegetarianesimo ha antiche tradizioni per ragioni religiose, l’induismo attribuisce non solo all’uomo ma a tutti gli animali un’anima, si stima una percentuale di vegetariani che va dal 15 al 20%: meno di quanto si pensi, quindi.

Ma una cosa è sicura: In Italia anzi in Europa sono in crescita, negli ultimi anni. Crescono i vegetariani, quelli che non mangiano carne e pesce ma accettano derivati animali come latte, uova e miele ma sono in crescita anche, se non di più, i vegani, che non accettano neanche latte e affini.

Poi, se è vero che in alcuni casi questa scelta è basata sul gusto, sul fatto che gli alimenti animali ad alcuni smettono di piacere, la più parte delle volte la scelta è del tutto etica: non si accetta il principio di uccidere un animale per cibarsene.

Per questo motivo, per me anzi per tutti, non è mai facile dialogare con un veg etico. Da un lato resto convinto che le leggi civili in essere che autorizzano la macellazione di animali per nutrimento siano comunque, per me, prevalenti rispetto a quelle etiche, da buon legista. Poi, sia chiaro, rispetto assolutamente chi fa questa scelta etica. Però se l’etica, detta anche diritto naturale, per qualcuno, per molti, si pensi anche a temi come l’aborto o la fecondazione in vitro, viene prima delle leggi fatte dagli uomini, non sono d’accordo ma capisco quanto per un veg, spinto da un assoluto rispetto verso tutte le forme di vita, sia difficile accettare le leggi in essere, me e la mia scelta onnivora e carnivora.

E quindi cerco, come sempre nella vita, come è giusto fare, un compromesso fra le nostre opposte esigenze. Però non sempre il compromesso è possibile, per esempio proprio in questo caso. Di certo, come io rispetto chi ha fatto questa libera scelta, altrettanto chiedo a un veg di rispettare la mia: se non la rispetta e si considera «superiore» a me in quanto non «contaminato» da proteine animali, non lo accetto e non resta che la lotta. Ma so che è, per lui, oggettivamente difficile. Mentre per me è facile, lo so proprio.

Poi più che mai sono contro chi cerca di imporre il veganesimo per legge, tipo, se n’è parlato, far dichiarare dal Parlamento alcuni animali che si mangiano «animali da compagnia» come lo sono cani e gatti, che come tali non possono essere mangiati, appunto per legge civile. Anche se un agnello di compagnia, che dorma sul letto, anche no…

Ma comunque, qualche compromesso si può sempre fare: lo so che la parola compromesso per alcuni sia uguale a inciucio, quindi intrallazzo, ma senza compromessi le vita sociale si ferma, in un tutti contro tutti foriero del peggio. Per me il compromesso è una buona cosa – anche se non lo si può fare su tutto.

Questo detto, una delle cose che indigna di più i vegetariani e i vegani, ma non solo loro, è l’orrore dell’allevamento intensivo. Come le galline ovaiolo costrette in spazi limitati, le stalle dove i bovini non possono praticamente muoversi, le oche e le anatre ingrassate a forza e tanti altri. Bene, questo è un problema, anzi una lotta, che può essere condivisa da tutti. Dai vegetariani per motivi etici ma anche dai carnivori per motivi di gusto. È certo che esiste una strettissima correlazione fra la vita dell’animale, da come e quanto si è mosso, da come ha mangiato eccetera, e la qualità della sua carne. Più un animale è vissuto libero e si è nutrito bene, più buona sarà la sua carne: non c’è nessun possibile confronto fra un pollo di batteria e uno cresciuto libero in un ampio spazio, fra un maiale che ha visto solo la sua stalla e uno che è andato a caccia di ghiande nei boschi. Per non parlare della cacciagione.

Certo, l’allevatore che ha deciso di cambiare modo di allevamento va incontro a extra-costi, è inevitabile, e quindi noi consumatori finali dobbiamo accettare di pagare i suoi prodotti di più. Ma comunque in linea di massima di proteine animali se ne mangiano sempre troppe, mangiarne meno ma più buone è vantaggioso, integrando poi la nostra dieta con le ottime proteine vegetali, dei legumi ma non solo, di cui se ne mangiano sempre pochi.

Quindi la lotta per dare agli animali una qualità di vita e di cibo migliore potrebbe essere una lotta condivisa da tutti, ed è giusto farla, se i veg accettano di farla: sì, per loro però sarebbe un compromesso…

Comunque sia, benvenute a tutte le leggi propositive che vanno in questa direzione. Ma devono indicare una via, che è al contempo (parzialmente) etica e di qualità. Senza estremismi, senza fughe in avanti che poi, per reazione, riportano indietro. Ma una cosa è importante: la bontà non si deve imporre per legge, deve essere una nostra libera scelta. Bisogna educare ma non imporre. A mio parere, è sacrosanto il diritto di chi vuole di contentarsi di un prodotto non di qualità, sanitariamente – e legalmente – ineccepibile naturalmente.

Siamo da ben poco tempo usciti dalla fame plurisecolare, solo oggi il cibo, carne inclusa, è abbondante e a buon mercato se si pensa che fino a fine Ottocento si spendeva metà del reddito, in media, per mangiare. Limitare questo diritto, più che sbagliato, sarebbe un errore, grave. E come disse il grande Joseph Fouché, ministro degli interni di Napoleone, un errore è peggio di un crimine.

Tutto questo detto, ribadisco che è solo la mia opinione in proposito, di più è solo un piccolo mio contributo a un problema di immensa complessità. Mi piacerebbe che chi è d’accordo con me ma anche chi non lo è intervenissero in questa discussione, con i loro contributi. Sempre con garbo, però…