ARTICOLO n. 100 / 2022

L’ANNO DEL PENSIERO TRAGICO

L'anno che verrà

L’ultima volta che ho azzardato un pronostico era il Capodanno del 2020 e, guidata da un ottimismo senza precedenti e privo di fondamento alcuno, a mezzanotte mandai lo stesso messaggio ad amici e parenti: “2020 anno della svolta”. E svolta fu, in qualche modo, ma emergenze sanitarie e conflitti mondiali non erano esattamente lo scenario che stavo immaginando mentre, meno ubriaca di quanto mi faccia piacere ammettere, brindavo al mio futuro di certo radioso. Quello che auspicavo – e che auspico la maggior parte delle volte che verbalizzo un desiderio – ha a che fare coi soldi: sogno vecchie zie sconosciute che muoiono lasciandomi una grossa eredità, valigie di banconote depositate sul mio zerbino con biglietti anonimi e per niente minacciosi, grandi fortune economiche che per qualche motivo karmico aspettano solo me. Sono materialista oggi e lo sono sempre stata, da che ne ho memoria, da quando costretta da mia nonna a pregare prima di andare a letto chiedevo a Gesù di regalarmi le Barbie da collezione, da quando a ogni notte di San Lorenzo aspettavo il momento in cui una stella cadente sarebbe piovuta dal cielo conficcandosi nel giardino di casa con un Dolce forno convenientemente legato a una delle sue cinque punte, da quando a Babbo Natale scrivevo lunghe lettere paracule nella speranza che mi portasse tutte le Polly Pocket disponibili sul mercato. Le cose, per me, sono sempre state importanti, e non è cambiato molto in questi trent’anni di vita, i miei desideri si sono solo fatti molto più costosi e ormai si misurano solo in metri quadrati. 

Non che abbia mai sofferto la fame, se fosse stato così a quest’ora forse avrei già avuto il mio momento Rossella O’Hara che stringe in pugno la terra di Tara, e con il coltello fra i denti adesso sarei sposata con un Rhett Butler di Porta Romana (o quantomeno non avrei fatto un master di editoria). Invece ho seguito la più antica delle tradizioni della mia famiglia, che da parte sia di madre che di padre ha storicamente sempre scelto di repellere il denaro in ogni sua forma, costeggiando il benessere e sterzando bruscamente in un’altra direzione ogni volta che ci si avvicinava troppo. 

Qualcuno ha sperato che io fossi diversa. Mio padre raccolse tutte le brochure che riuscì a trovare quando in prima media mi accompagnò alle finali delle olimpiadi della matematica alla Bocconi. Già mi vedeva a invertire le sorti del nostro cognome, io piccolo cervello matematico votato al profitto. Otto anni dopo si sarebbe ritrovato a scortarmi tra vari open day di facoltà umanistiche, prospettive di carriera azzerate, le brochure della Bocconi ormai da tempo riciclate con i cartoni della pizza. 

In compenso, dopo uno di questi open day, passando da Vicolo Santa Caterina – un piccolo angolo delizioso e fiabesco nel centro di Milano – dichiarai che mi sarebbe piaciuto vivere lì, in quella casa gialla con i fiori alla finestra (lo scollamento dalla realtà nella nostra famiglia si manifesta anche nel bramare sempre cose molto al di fuori della nostra portata). Un anno più tardi, per una serie di circostanze favorevoli che rendevano la casa gialla più accessibile di quanto avremmo mai creduto, ci vivevo. 

Dico questo non per bullarmi delle mie fortune immobiliari – che pagherò presto venendo sfrattata dalla mia attuale casa milanese, tema su cui tornerò più avanti – ma per evidenziare una verità tanto irrazionale quanto insindacabile: sono una strega in una famiglia di streghe dotate di blandi poteri premonitori. 

Seguitemi un momento in questo delirio antiscientifico. Ho una nonna che in più occasioni ha sognato la morte di qualcuno, solo per essere svegliata il giorno dopo da spiacevoli telefonate che confermavano la sua visione. La bisnonna, in modo decisamente meno tetro, sognava spesso il padre defunto, il quale però le comunicava ogni volta i numeri vincenti del lotto (come è evidente non erano abbastanza vincenti per cambiare gli equilibri economici delle generazioni successive, ma comunque qualche bolletta ce l’ha pagata). Prima di morire giurò a mio padre che sarebbe tornata a farci visita per renderci lo stesso servizio del trisavolo, ma stiamo ancora aspettando. 

Io, nel mio piccolo, ho un talento per captare vibrazioni negative in situazioni che a posteriori si rivelano sempre parecchio sfortunate. Ho predetto, a modo mio, due incidenti in motorino – con due fidanzati diversi, ad anni di distanza, opposi resistenza a montare sui rispettivi scooter, ci salii controvoglia ed entrambe le volte finii sdraiata su dei sampietrini – un furto e un taglio di capelli (e nel 2020 il crollo dell’Occidente, come abbiamo già visto). Chi era con me direbbe che la storia del furto è un po’ pretestuosa, e non avrebbe tutti i torti, ma facciamola breve: nel corso di una vacanza nei Paesi Baschi avevo espresso disinteresse totale per una tappa dove, mentre contro la mia volontà eravamo a rimirare una scogliera che non avrei voluto vedere, ci rubavano tutte le nostre cose dalla macchina parcheggiata su un lungomare affollato. Nessuno crede mai alle mie vibrazioni negative. 

Quella del taglio di capelli è senza dubbio la più accurata e la meno rilevante delle mie premonizioni. Sognai che un’amica che non vedevo da settimane si tagliava i capelli a caschetto, glielo scrissi il giorno dopo e mi rispose con un selfie fresco di parrucchiere, con un caschetto appena fatto che le stava malissimo. Vibrazioni negative e frivole. 

Parlare di stregoneria forse è un po’ eccessivo, qualcuno obietterebbe che portiamo solo sfiga (concetto altrettanto lontano da qualsiasi forma di razionalità) o che la vita è piena di coincidenze strane. Per onestà intellettuale io aggiungo che vivo gran parte delle mie giornate con un costante senso di tragedia imminente, e qualche volta è statisticamente inevitabile avere ragione. Questo dei poteri magici forse non è altro che un rigurgito della mia infanzia popolata da un gran numero di streghe – su Rai2 con Streghe, in edicola con Witche per anni di impareggiabile felicità con Harry Potter, che ha allevato una generazione di rincoglioniti che oggi aspettano eredità a sorpresa come allora aspettavano la lettera in inchiostro verde da una scuola di magia fittizia. A un certo punto ci fu addirittura un summit tra madri per discutere di un libro che io e la mia amica del cuore avevamo comprato di nascosto con non so quali soldi, sapendo a malapena leggere, che evidentemente insegnava tecniche di magia nera per evocare il diavolo. Il manuale venne ritirato e noi tornammo alle pozioni di fango in cortile e alle nostre vibrazioni negative.

Come ho anticipato, tra i miei talenti soprannaturali c’è però anche un dono positivo, ovvero la capacità di trovare la casa giusta al momento giusto. Anche l’attuale appartamento ad affitto bloccato si è materializzato nella mia vita al momento di massimo bisogno (posso forse esimermi da un riferimento alla stanza delle necessità di Hogwarts?), e da quel momento, negli ultimi quattro anni, ho attraversato la strada con una cautela extra, convinta che l’universo mi avrebbe prima o poi punita per questa fortuna sfacciata facendomi travolgere da un veicolo X. La mia punizione invece si è presentata pochi giorni fa sotto forma di due ingegneri muniti di metro laser (magico!) che sono entrati nel mio soggiorno prendendo misure e parlando di aste immobiliari, lasciandomi intendere che il 2023 potrebbe essere l’anno in cui faccio esperienza dello sfollamento. 

Aspettative basse, dunque, per l’anno che verrà. Ma d’altro canto è da quel gennaio del 2020 che ho smesso di augurarmi qualsiasi cosa. Dovevamo uscirne migliori e non è successo, siamo tutti gli stessi poveri stronzi di prima, solo con bollette più alte da pagare. L’aggravante è che da allora ho scavallato la soglia dei 30 anni, consolidando la mia posizione di povera stronza e di stronza povera, e cominciando ad accusare tutta una serie di aspettative che potevo fingere estranee nel corso dei 20. Di nuovo, la carenza di metri quadri si fa sempre più pressante, a maggior ragione alla luce di uno sfratto imminente. Poi: la simulazione dell’Inps sostiene che andrò in pensione, forse, fra 40 anni, morirò prima? Voglio davvero dei figli o penso solo di volerli? Posso permettermi di riprodurmi? Riuscirò a sopravvivere al riscaldamento globale con la mia pressione bassa? Queste e altre domande hanno sostituito qualsiasi buon proposito per il futuro. 

Peraltro, ora che ho 30 anni so esattamente cosa aspettarmi da ogni nuovo anno: due o tre matrimoni estivi, due o tre annunci di maternità, due o tre herpes labiali, quante tasse pagherò. Non c’è più alcun margine per le sorprese e considerate le sorprese dell’ultimo periodo forse è meglio così.Tuttavia il 23 è un numero che mi è sempre piaciuto, non perché sappia alcunché di numerologia – so però che nella smorfia napoletana il 23 è ‘o scemo quindi chissà – quanto per le vibrazioni, in questo caso positive, che mi trasmette. La strega che è in me, la piccola Wanna Marchi che vive a sua volta ad affitto bloccato nel mio cervello, mi suggerisce che alla fine sarà un anno migliore di altri. Considerati i precedenti, si salvi chi può.

ARTICOLO n. 33 / 2024