ARTICOLO n. 2 / 2021

Fiaba virale

C’era una volta un dio crudele che scese sulla terra e si incarnò in un virus.

C’era una volta un dio pietoso che scese sulla terra e si incarnò in un virus.

Meglio sarebbe dire che si invirò.

Non era la prima volta che scendeva su quel pianeta. La prima volta lo aveva fatto incarnandosi in un umano. Ma gli altri umani lo avevano pestato a sangue e condannato a un’orribile morte. Che poi… se era davvero Dio e nello stesso tempo umano allora voleva dire che gli umani uccidendo Dio avevano ucciso se stessi, che uccidendo se stessi avevano ucciso Dio, voleva dire che potevano uccidere Dio. E allora che Dio era? Ma lasciamo perdere…

E poi ne aveva mandati altri, sotto diverse forme, di artisti folli, persino di personaggi di romanzo e di fiaba: Van Gogh, Don Chisciotte, il principe Myškin, la bambina dei fiammiferi, Pinocchio, lo scarafaggio di Kafka… Ma gli umani non se ne erano neanche accorti, Dio non era riuscito, attraverso di essi, ad aprire i loro occhi, a toccare le loro menti e i loro cuori.

«Questa volta» si era detto «mi incarnerò in un virus, mi invirerò, e allora voglio proprio vedere se finalmente lo vorranno capire che non sono la specie onnipotente che credono di essere, che non sono superiori al resto della natura, che stanno correndo con gli occhi bendati verso un precipizio.»

Però, prima di prendere una simile decisione, aveva convocato alcuni umani morti di cui si serviva certe volte come consiglieri o come avvocati del diavolo.

Che erano: Leopardi, Darwin, Marx, Freud, Nietzsche.

Però, a differenza di altre volte, questa volta erano tutti entusiasti dell’idea di Dio. Le loro voci si accavallavano le une alle altre.

Leopardi: «Buona idea, così gli umani, vivendo continuamente al cospetto della morte, ne avranno sollievo, perché alle mille pene e paure della loro vita e della loro mente se ne sarà sostituita una sola…».

Darwin: «Buona idea, perché la mia teoria della selezione naturale sembra non funzionare con gli umani, infatti sono stati selezionati i peggiori e non i migliori, non i più adatti ma i meno adatti alla sopravvivenza di specie, quelli che stanno distruggendo il loro habitat naturale e le condizioni della loro stessa vita. E così magari ci sarà una bella smazzata di carte…».

Freud: «Buona idea, così trovandosi di fronte alla morte reale gli umani si libereranno della pulsione di morte che li tiene in scacco da molto tempo, si abitueranno a convivere con la morte e a portarne lo stigma, capiranno che la morte è tutta dentro la vita e la vita è tutta dentro la morte, e così non avranno più bisogno di feticizzarla rendendo tutta la loro vita simile alla morte…».

Marx: «Buona idea, perché la prima volta non mi è andata bene con il proletariato, che non è riuscito a portare liberazione e che poi il tardocapitalismo ha trasformato in orde di miserabili oppure di piccolo borghesi fascistoidi e frustrati, e allora questo virus interclassista potrebbe imprimere alle meccaniche produttive una svolta robotica tale da dare vita a un proletariato di robot da programmare per un nuovo assalto al cielo…».

Nietzsche: «Buona idea, ne potrebbe nascere un nuovo oltreuomo virale, una nuova razza superumana passata attraverso la morte e la vita ormai trasformata in morte…».

Dio ascoltava in silenzio, e intanto si diceva: «Io non lo so perché me la prendo così tanto per quella specie perduta».

Però alla fine si era deciso a invirarsi per cominciare così la sua ultima e disperata missione.

E dopo? Cosa successe dopo sul pianeta Terra?

Successe che questo invisibile virus cominciò a diffondersi a macchia d’olio, passando da un corpo umano all’altro e replicandosi attraverso continue variazioni. Gli umani si domandavano da dove fosse nato quell’alieno che stava sbaragliando le loro difese immunitarie e mettendo in ginocchio le loro strutture economiche, politiche, culturali, che stava prendendosi gioco della loro stupidità e arroganza, che stava mostrando la miseria della loro presunta superiorità sul resto della natura e del mondo. Cercavano la sua origine nei laboratori, nei corpi dei pipistrelli e di altri ripugnanti animali, dappertutto meno che nella mente di Dio. Non passava loro neanche per la testa che quel virus potesse essere nato nella mente di Dio, che quel virus fosse Dio.

Vivevano rintanati nelle loro case, andavano in giro con i volti coperti da maschere, si lavavano e si disinfettavano le mani cento volte al giorno per mandare via il virus di Dio, che li aveva posti di fronte a uno specchio. Le loro città erano silenziose e vuote, la morte aleggiava sulle loro vite. Erano tutti al cospetto della morte, erano tutti al cospetto della vita.

Però alla fine gli umani riuscirono a fabbricare un vaccino di tipo nuovo, in grado di andare a snidare e combattere questo virus divino fin negli abissi genetici e chimici della vita, e a poco a poco riuscirono a sgominare le divine legioni di molecole replicanti che avevano preso possesso dei loro corpi.

Ci volle del tempo, ma si arrivò infine all’ultimo contagiato e all’ultimo virus.

Adesso Dio era completamente solo: unico e solo.

«Lo sapevo che sarebbe finita così…» si diceva l’ultimo, quintessenziale virus divino mentre veniva aggredito da ogni parte e stava per disattivarsi: «Chissà se il mio sacrificio sarà almeno servito, questa volta, a differenza delle altre volte, o se gli umani continueranno a correre verso il loro precipizio di specie senza cambiare niente, senza imparare niente. Chissà se riusciranno a inventarsi una nuova vita o se riprenderanno quella di prima, la stessa identica che li ha portati in questo vicolo cieco?».

E poi, siccome si vede che conservava memoria delle sue passioni e morti precedenti, nelle figurazioni che si sovrapponevano a lampi e si confondevano in lui nel delirio a ritroso che precedeva la fine, continuava a pensare o a fantasticare:

Passione e morte del virus

«Non ci sono più le mie legioni virali… Dove sono andate a finire le mie legioni? Legioni? Ma le legioni non erano quelle del demonio? Allora che io sia il demonio? Sono Dio o sono il demonio? Forse, al punto in cui siamo, io e il demonio abbiamo dovuto raccogliere le nostre forze, riconciliarci, dopo questa lunga, terribile, inutile ed estenuante guerra che non poteva avere vincitori. Perché io ho portato la morte e non la vita, per portare la vita ho dovuto portare la morte. Perché lui che doveva portare la morte ha portato la vita, per portare la morte ha dovuto portare la vita. E adesso cosa sta succedendo? Dove sono? Cosa sono diventato? Chi sono? Che cosa sono tutte queste zampine che si muovono a raggiera fuori dal mio controllo? Che cos’è quel suono di violino che mi rapisce e sconvolge e che cerco di andare ad ascoltare da più vicino senza farmi vedere, nascondendo dietro la porta il mio ripugnante corpo di Dio insetto? E non c’è più il sole… Dov’è finito il sole? Dove sono finite le stelle? Dove sono finiti i miei cieli in fiamme? Me li sto mangiando, sto ingurgitando i colori con i quali li avrei mostrati al mondo… E allora che fine farò, dove andrò adesso che tutto sta precipitando e sparendo? Dove andrò con il mio divino corpicino di legno da burattino? Verrò bruciato anch’io in un enorme falò insieme a tutti gli umani, in quei cieli in fiamme? O sono già stato mangiato insieme ai colori del fuoco e del mondo? Dove sei, mio principe burattino che mi tenevi compagnia nelle notti in cui ero sola e con i piedini nudi, nel gelo, con il mio povero mazzetto di fiammiferi che accendevo uno dopo l’altro per aprire una visione nella loro breve luce e riaprire il mondo? Ah, ecco, sono arrivata alla fine, questo è l’ultimo dei miei fiammiferi… Lo accendo. Oh… che visione è questa? Cosa stanno vedendo adesso i miei occhietti gelati, nella sua luce? Che cos’è questa caverna buia piena di cavalieri e di altre nobili figure che vagano nell’ultramondo? E adesso che cosa vedo? Ecco… sto vedendo me stesso sulla croce. Sono un virus in croce. Si era mai vista una cosa simile? Come ho fatto a finire su questa croce? Ma… cosa sta succedendo ancora? Non è come l’altra volta. Non ci sono più quei due ladroni vicino a me. Perché non ci sono più quei due ladroni virali? Non c’è più nessuno. Tutto il cielo è nero. Mi pare di scorgere solo, sotto di me e sotto questa croce, al posto di quelli che c’erano l’altra volta: soldati armati di lance e con l’elmo dal sottogola slacciato per il caldo, apostoli terrorizzati, donne scarmigliate e piangenti… un ridicolo cavaliere con una bacinella da barbiere in testa, un giovane principe epilettico che trema e che si contorce, con la bava alla bocca, un burattino di legno, una bambina con un fiammifero che si sta spegnendo, un uomo con le lacrime agli occhi e con la bocca blu e gialla come di chi abbia appena ingoiato dei colori e li stia rigurgitando, un impressionante insetto gigante che solleva verso di me le sue file di zampette anteriori e le sue lunghe antenne vibranti… Oh, Dio mio, perché mi hai scaraventato nel mondo sotto forma di un virus e poi mi hai abbandonato? Ecco, adesso è davvero la fine. Mi sembra ancora di vedere, anche se non ho gli occhi, un burattino che all’improvviso solleva verso di me le sue sottili braccine. Mi sembra ancora di sentire, anche se non ho le orecchie, un rumore assordante e secco in tutta questa desolazione. Sono le sue manine di legno che stanno battendo l’una contro l’altra, con forza, per applaudirmi fino alla fine dei tempi in questo spaventoso silenzio chimico.»

— Published by arrangement with The Italian Literary Agency

ARTICOLO n. 32 / 2024