ARTICOLO n. 22 / 2023

LA CIPOLLA DI MARTE E DI LUNA

La mistica del cibo

Accendo la stufa economica e ascolto lo scoppiettio della legna che prende pian piano. La cucina e la casa iniziano a mutare, a farsi più piccole, accoglienti, si sente nell’aria l’odore della ghisa che si scalda ed entro in una dimensione parallela di rusticità che mi riporta nelle campagne francesi, in una tipica casa contadina dal tetto di paglia.

All’imbrunire, la cipolla diventa più dolce, un ingrediente amico, che può diventare alimento principe di una cena scalda cuore.

Sotto al lavello di marmo tengo sempre un sacco di cipolle dolci francesi, proprio per questi momenti.

Le sbuccio, ne pregusto la succosità all’interno della croccantezza delle sue foglie: gli strati commestibili di questo bulbo sono a tutti gli effetti delle foglie modificate.

Succosa, leggermente piccante e dolce al punto giusto, croccante, è la cipolla perfetta da mangiare assieme ai čevapčiči, uno dei cibi che mi preparava d’estate mia nonna in Slovenia.

È lei che mi ha insegnato a mangiare la cipolla cruda dicendomi: «la cipolla è come una mela!» e a seguire ha mollato un morso pieno a una cipolla bianca enorme. Ci sono rimasto di stucco, ma ho imparato una lezione: la cipolla non è ostile, ma è un simbolo, risveglia in noi un classismo interiorizzato.

In epoca romana classica le persone colte evitavano chi puzzava di cipolla, e “mangiatore di cipolle” era un termine dispregiativo. Tuttavia, Varrone, un romano contemporaneo di Cesare, scrisse: «I nostri nonni erano persone molto rispettabili anche se le loro parole puzzavano di aglio e cipolla».

Il cibo è sempre stato segno di identità sociale, tanto che andava di pari passo con la propria estrazione, e chi non rispettava questa regola attentava al privilegio di classe, evadendo l’ordine sociale.

Zuco Padella, contadino della campagna bolognese, dopo essere stato colto a rubare le pesche del suo padrone, Messer Lippo, catturato con una trappola per animali, viene punito con un lavaggio di acqua bollente e la frase che gli viene detta rimarrà nella storia: »Un’altra volta lassa stare le fructe de li miei pari e mangia de le tue, che sono le rape, gli agli, porri, cepolle, e le scalogne col pan de sorgo».

Il mangiare cipolla è da sempre stato simbolo della bassezza sociale, di una condizione di non-agio. Un mangiare da contadini, lavoratori o soldati, tanto da essere conditio sine qua non della razione kappa dei soldati romani, e data ai gladiatori, prima dei combattimenti, per aumentarne il furore bellico.

La cipolla è una delle prime piante addomesticate al mondo: nel Neolitico veniva coltivata in India, Cina e nel Mediterraneo orientale. Lo storico greco Erodoto ha notato come un’iscrizione sulla piramide di Cheope in Egitto indichi la quantità di cipolle, aglio e ravanelli mangiati dagli schiavi che la costruirono. 

Per i Pitagorici la cipolla aveva proprietà afrodisiache, quindi era un alimento da evitare nella propria dieta. Un bulbo che è pregno di significati e credenze erotiche, forse per la sua forma sensuale evocativa che assume se tagliato per lungo.

Una dose giornaliera dell’umile bulbo era considerata una condizione necessaria per un’attività erotica intensa e gratificante.

Si pensava infatti che contenesse la piccantezza di Marte, il dio responsabile dell’ardore. Per questo motivo i Greci ritenevano che le cipolle stimolassero il desiderio sessuale e la vivacità generale. Per i Romani non era diverso, come afferma questo detto sull’impotenza maschile: «Se le cipolle non possono aiutare, niente lo farà!»

L’Ayurveda indiano sostiene inoltre che la cipolla nutre il seme dell’uomo (shukra), per cui i medici la prescrivono per aumentare la quantità di sperma.

In effetti, i penitenti e gli asceti indiani (sannyasi) che hanno rinunciato alla mondanità e alla procreazione evitano di mangiare cipolle e aglio in qualsiasi circostanza, avendo questi una forza eccessivamente distraente.

La zuppa di cipolle è anche una famosa specialità francese che, si riteneva, portasse a delle “longue nuits de fole”, lunghe notti di follie sessuali: la soupe à l’oignon come afrodisiaco a basso costo!

Era considerata dai popoli mediterranei un miracoloso stimolante del desiderio, tanto che il poeta Marziale, in un celebre epigramma (dal Liber XIII), consiglia di saziarsi di cipolle per risolvere problemi con le voglie e con la moglie.

Cum sit anus coniunx et sint tibi mortua membra,

nil aliud bulbis quam satur esse potes.

Se hai una moglie vecchia e hai perso il vigore delle membra, le cipolle possono solo servire a saziarti.

Nella loro conquista delle terre del Nord, i legionari romani portarono con sé varietà di cipolle coltivate che piantarono nei loro giardini. I Celti e i Germanici erano entusiasti di questo nuovo “porro”, soprattutto perché l’aglio orsino, chiamato anche “ramsons” o “aglio selvatico”, era già considerato sacro dagli abitanti del Nord, che lo consideravano vitalizzante, depurativo del sangue e afrodisiaco.

Questo “porro” straniero, per il quale i barbari usavano vari nomi, come ynnlek, allouk, oellig, ublek o ullig, entrava nell’orto di ogni donna, dove, si dice, rimaneva. Il botanico tedesco Hieronymus Bock (1498-1554), che aveva sentito parlare del culto della cipolla sacra da parte degli Egizi, commentò: «Anche noi tedeschi non possiamo fare a meno di questi beni divini. […] Ci sono molti che credono che se mangiano un po’ di cipolla cruda a stomaco vuoto come prima cosa al mattino saranno protetti dall’aria cattiva e velenosa per tutto il giorno. […] Molti la usano per piacere lussurioso, altri per uso medico». Inoltre, egli notò che in Germania quasi nulla era più usato delle cipolle per preparare le torte tanto che ancora oggi nelle regioni della Germania meridionale la torta di cipolle rimane una specialità.

Le cipolle e l’aglio non hanno solo la piccantezza di Marte, ma appartengono anche alla luna acquatica e alla purezza, al candore. L’antichità classica e il primo cristianesimo vedevano nella cipolla un altro aspetto dei vari membri della famiglia dei gigli: erano visti come simboli di purezza, innocenza e verginità. In Grecia si credeva che i gigli nascessero dalla terra dal latte che colava dai seni di Era, la regina del cielo. Per i cristiani, il giglio divenne un simbolo dell’Immacolata Concezione della Vergine Maria: l’arcangelo Gabriele scese dal cielo con un giglio bianco in mano quando annunciò il concepimento a Maria. Queste credenze si basano sulla percezione che le piante di giglio non sono del tutto ancorate a terra: le loro radici sono poco profonde e il modo in cui i bulbi si arrotondano alla base ricorda una goccia d’acqua. Questi bulbi simboleggiano il percorso compiuto dalle anime che si incarnano quando passano dall’alto dei cieli, attraversando la porta della luna fino alla sfera materiale della terra. Ma simboleggiano anche il ritorno dalla terra all’eterno grembo dell’essere.

La cipolla, una pianta triennale del genere Allium cepa, cipolla-aglio o allium, è originaria delle steppe asiatiche, un clima estremo al quale si è completamente adattata. Nella primavera umida, le piccole cipolline iniziano a germogliare e ad assorbire luce e calore fino all’inizio dell’estate. Più tardi, quando il clima diventa più secco, si formano i bulbi succulenti e semisotterranei, cioè le cipolle mature a grandezza naturale.

L’anno successivo questi germogliano in fiori e semi. Nel frattempo, per sopravvivere all’inverno secco e gelido delle steppe, i bulbi immagazzinano le forze vitali acquose della luna nella loro pelle stratificata, arricchendola di glicosidi solforati. Secondo gli alchimisti di un tempo, lo zolfo è un trasportatore di luce e calore. È questa combinazione di acqua lunare e di energia del fuoco di Marte che conferisce alle cipolle il loro straordinario potere curativo.

Porri selvatici e cipolle di vario tipo si trovano anche nelle steppe dell’America settentrionale, dove i nativi americani li raccoglievano per scopi alimentari e curativi. Il nome “Chicago” deriva appunto da una parola degli indiani Fox che significa “un luogo che puzza di cipolle selvatiche”. Proprio come le loro controparti eurasiatiche, i nativi americani usavano le cipolle per le punture d’insetto, le infezioni e le infiammazioni; estraevano il veleno e il pus dai carbuncoli e dagli ascessi con cataplasmi di cipolla o con uno sciroppo di cipolla ridotto (un metodo particolare degli Irochesi). Per guarire raffreddori e sinusiti, gli indiani Piedi Neri mettevano le cipolle su rocce arroventate e ne respiravano il vapore caustico. Le donne native americane in allattamento bevevano decotti di cipolla per trasferire le sue qualità curative ai loro bambini nel loro latte!

Le cipolle hanno una lunga storia nelle usanze popolari, nel simbolismo e nelle pratiche curative di India, Cina e Mediterraneo orientale. Ad esempio, il simbolo cinese di “intelligente” è lo stesso di “cipolla”. Le levatrici cinesi tradizionalmente toccavano la testa del nuovo nato con una cipolla, affinché crescesse intelligente.

La cipolla era una pianta sacra anche nell’antico Egitto di cinquemila anni fa.

I bulbi di cipolla venivano offerti agli dèi e messi nelle mani, sugli occhi o sui genitali delle mummie. Sulle cipolle si facevano giuramenti sacri. La pianta, delicata e succosa, era dedicata alla grande dea Iside e ai suoi sacerdoti era vietato mangiare cipolle. Iside è la padrona della periodicità della luna e dei ritmi femminili. Gli egizi credevano che la crescita della cipolla fosse legata alle fasi lunari, così come lo è il ciclo mestruale.

Il geroglifico egizio che indica la luna nella sua forma calante e crescente è una cipolla. La luna dà alle piante la loro energia vitale e governa i liquidi della vita. In quanto padrona della luna, la dea governa anche sulle acque, il latte cosmico della vita. La cipolla assorbe questo latte cosmico; quando una persona mangia quella cipolla, le ghiandole si attivano, comprese quelle riproduttive. Così, la cipolla divenne anche un simbolo di lussuria e procreazione. L’antica parola egizia che indicava i testicoli, oltre al geroglifico della luna di cui sopra, era la stessa che indicava la cipolla.

Questo bulbo così a buon mercato è stato a lungo un alleato dei poveri, sia come alimento che come importante guaritore, soprattutto per coloro che non potevano permettersi una visita medica.

Ancora oggi è una tra le piante curative più utilizzate nella medicina popolare. 

Cataplasmi a base di cipolle finemente tritate e cotte al vapore sono utilizzati con successo per molti disturbi, tra cui infezioni sinusali, ascessi e foruncoli, infiammazioni polmonari, infezioni alle orecchie medie e tonsilliti. Il pastore svizzero e guaritore Johann Künzle (1857-1945) ha sottoscritto l’uso tradizionale quando ha annunciato che: «Le cipolle tritate e cotte al vapore tirano fuori la malattia in modo così forte che diventano nere e puzzolenti; le cipolle assorbono il veleno della malattia».

La credenza nella capacità del bulbo di assorbire il veleno e le “radiazioni” negative era condivisa dall’Inghilterra all’Europa orientale. Gli inglesi appendevano un mazzo di cipolle in cucina per “assorbire la sfortuna” e addirittura indossavano una cipolla come amuleto o la strofinavano sulle piante dei piedi per far uscire le malattie dal corpo. In Boemia e nelle montagne di Erz, le cipolle bianche consacrate venivano appese in salotto il giorno dei Re Magi “perché attirano e neutralizzano le febbri”. Allo stesso modo, gli abitanti delle campagne olandesi appendevano un cesto di lino con cipolle tritate sopra un bambino malato che implorava. Si credeva che la cipolla fosse in grado di allontanare non solo malattie e pestilenze, ma anche streghe malvagie, spiriti maligni e vampiri. 

Per la nostra tradizione italiana, si pensa che portare una cipolla in tasca protegga dal malocchio. I serbi infilavano una cipolla tra i seni di una giovane sposa per proteggerla dai cattivi desideri che i vicini invidiosi potevano nutrire nei suoi confronti.

E queste superstizioni sulle cipolle si sono diffuse ben oltre l’Europa. In India, nei periodi di peste del bestiame, i contadini appendevano cipolle dipinte di rosso a una corda che attraversava l’ingresso del villaggio. In Cina era comune indossare una “collana” di cipolle durante l’epidemia di colera. In molti luoghi era considerato di buon auspicio per un convalescente sognare una cipolla, un segnale che garantiva il ritorno alla salute.

Lo sciroppo di cipolla (succo di cipolla ridotto in miele o zucchero), antinfiammatorio, espettorante e sedativo, è popolare in molti luoghi per la bronchite o la tosse persistente: questa ricetta è conosciuta sia in India che in America, portata dall’Europa dagli olandesi della Pennsylvania. Per il naso che cola, il guaritore naturale svizzero Alfred Vogel (1902-1996) consiglia il decotto di cipolla: cipolle a fette in infusione con acqua bollente, da sorseggiare durante la giornata. 

La medicina popolare raccomanda anche di tenere un cataplasma di cipolla calda per quindici minuti sui muscoli affaticati dalla lombalgia. Le articolazioni reumatiche, la sindrome del dolore sciatico e il dolore neuropatico, persino le punture d’insetto e le verruche, possono essere trattati con cipolla cruda appena tritata. Per un trattamento simile, le fette di cipolla cruda e salata possono essere avvolte sui calli durante la notte. Insomma, un toccasana per ogni male!

Non c’è da stupirsi, quindi, che si sia sviluppata un’intricata tradizione intorno alla coltivazione delle cipolle. Le cipolle da seme venivano messe nel terreno nel segno del Capricorno affinché diventassero sode e dure, mentre in Acquario sarebbero marcite e in Sagittario sarebbero spuntate senza formare un bulbo. Quando le si piantava nel terreno si consigliava di farlo con rabbia, imprecando, in modo da rendere le cipolle vigorose.

I contadini europei usavano le cipolle come oracolo durante i dodici giorni di Natale: si sbucciavano dodici bucce di cipolla, una per ogni mese dell’anno, poi le si cospargeva di sale. Il mattino seguente, in base a quanta umidità vi si era accumulata durante la notte si prevedeva la quantità di precipitazioni che si sarebbero verificate nei mesi corrispondenti dell’anno successivo. 

L’oracolo della cipolla è conosciuto in tutta Europa. Le giovani donne usavano la cipolla anche come oracolo matrimoniale. La Vigilia di Natale mettevano una cipolla per ogni scapolo conosciuto in un angolo del caldo salotto. Il 6 gennaio, per l’Epifania, vedevano se qualcuna era germogliata: nessun germoglio voleva dire nessun matrimonio per l’anno seguente.

Si pensava anche che le cipolle piantate il Venerdì Santo, giorno in cui il Signore fu inchiodato alla croce, sarebbero state pungenti, facendo “scorrere molte lacrime” quando mangiate.

Un detto siciliano dice: “iu manciu cipudda e a iddu c’abbrucianu l’occhi” (io mangio cipolla e a lui bruciano gli occhi): c’è chi si lamenta senza ragioni, e chi invece mangia cipolla, ovvero accetta la sua condizione con umiltà, anche se da lamentarsi ne avrebbe a buona ragione.

Ma perché la cipolla ci fa così piangere? Sono il solfuro di allile e propile, che assieme costituiscono uno dei più potenti lacrimogeni mai inventati. Il composto solforato allicina ha un effetto antivirale e antimicrobico. Inoltre, l’allicina rafforza il sistema immunitario aumentando l’attività delle cellule killer. Ostacola l’ossidazione del colesterolo nel sangue, proteggendo così dall’arteriosclerosi.

I “mangiatori di cipolle” regolari hanno valori ematici migliori; questo perché l’allicina rallenta l’adesione delle piastrine e accelera lo scioglimento dei puntini nel sangue. Inoltre ostacola i batteri nitrificanti e quindi lo sviluppo di nitrosammine carcinogeniche nell’intestino. Ma i benefici per il sangue non finiscono qui: gli acidi fenolici e i flavonoidi della cipolla hanno anche un effetto benefico sul sistema circolatorio, compreso l’abbassamento dei livelli di zucchero nel sangue dei diabetici. 

Mia nonna ha origini umili, nata nelle campagne della Slovenia dell’Ovest: mi ha insegnato tante cose della vita in campagna, oltre a cucinare, e anche a mangiare cipolle. Da quel giorno, non ho più visto la cipolla come un alimento da evitare, ma come un ingrediente che di per sé poteva essere principe di un pasto prelibato, di alta gastronomia!

Cruda o cotta, ridotta nel vino, flambata con il rum o messa sott’olio, la cipolla è uno degli ortaggi che preferisco, da sempre, nella mia cucina.

ARTICOLO n. 74 / 2024