ARTICOLO n. 28 / 2024
I SEGRETI DELLA MENTE MILIONARIA
Vengo da una lunga stirpe di gente economicamente irresponsabile. Nessuno nella mia famiglia ha mai avuto il fiuto per gli affari, e laddove una qualche ricchezza poteva essere accumulata o centellinata o anche solo assennatamente gestita, una serie di sfortunati eventi o di pessime decisioni hanno lasciato un piccolo buco fumante, simile a quello che da generazioni segna i palmi delle nostre mani. “I soldi vanno tenuti spesi”, diceva qualcuno che noi abbiamo preso in parola ed eretto a guida spirituale delle nostre esistenze, assicurandoci che la nostra eredità rimanesse composta da nient’altro che una fornitissima collezione di DVD e un buon senso dell’umorismo.
Non ce la siamo mai passata davvero male, ma neanche benissimo, afflitti come siamo dall’eterno dissidio tra ciò che ci piace e ciò che ci possiamo permettere. Non è un problema di povertà, di per sé – ci siamo sempre mantenuti ben al di sopra della linea di galleggiamento – quanto di dissonanza cognitiva: i nostri gusti, i nostri desideri, le nostre smanie non riflettono in alcun modo la realtà dei fatti, né tantomeno i nostri conti in banca. Case in centro, pellicce di visone, vacanze in mete esotiche, porcellane di pregio, mobili di design, ristoranti esclusivi sono solo alcuni degli sfizi che nel tempo abbiamo ritenuto di meritarci, mentre lo stato delle cose rispecchiava sempre una situazione sostanzialmente diversa.
Questa perenne tensione si unisce, almeno nel mio caso, a una fondamentale incomprensione del denaro e di tutto ciò che lo riguarda. Semplicemente: di soldi non capisco niente. So che esiste una cosa chiamata inflazione, ma non capisco in che modo questa ci impedisca di risolvere le crisi economiche stampando più soldi. Ho guardato e apprezzato La grande scommessa, Billions, The Wolf of Wall Street – e molti altri prodotti a tema “borsa” – come mi immagino un ruminante possa guardarli e apprezzarli. I miei occhi erano aperti, le mie orecchie pure, il cervello fino a prova contraria mostrava una minima attività sinaptica, ma dovessi spiegare mezza cosa di come funziona il mercato azionario farei scena muta, non importa quante Margot Robbie in vasche da bagno provino a spiegarmelo in termini semplici.
Sono quasi trent’anni che mi faccio delle domande sul finale di Una poltrona per due. Pago le tasse da un terzo della mia vita e non ho ancora capito cosa sia l’IRPEF e perché vuole i miei soldi. Per evitare spese di spedizione su un’ordine online, finisco sempre per spendere molto di più di quanto avevo messo in conto e una voce incosciente dentro di me ripete solo “brava, hai risparmiato 4 euro”.
Nonostante le premesse, nel 2023 per la prima volta nella mia vita adulta ho messo via una congrua somma di denaro. Congrua nel mio mondo, ridicola in quello di qualcuno che ha un rapporto equilibrato con le proprie finanze, ma comunque un risultato inedito nella mia storia famigliare. Questo mi ha fatto sentire investita di una qualche responsabilità, e dopo essermi premiata – per cosa, non si sa – con una borsa di lusso e un paio di stivali tanto scomodi quanto bellissimi, mi sono detta che forse era arrivato il momento di cambiare atteggiamento.
Ho superato i trent’anni, e questo significa che, tra gli argomenti di conversazione tra coetanei, le feste e gli amorazzi sono stati sostituiti da mercato immobiliare e fondi pensione. Così ho chiesto un po’ in giro e ho scoperto che questo fantomatico fondo pensione di cui tutti parlano può avere un suo senso, soprattutto per una persona della mia generazione che andrà in pensione a 140 anni, quando l’INPS sarà ormai un cumulo di macerie sul fondo del mare. Alcuni amici hanno iniziato addirittura a parlarmi di investimenti a basso rischio, di bond e obbligazioni, del tutto inconsapevoli del deficit di apprendimento che nel mio cervello viene innescato da queste parole. Sempre ruminando, fingevo interesse e annuivo con sguardo solenne, mentre mi convincevo che comunque la borsa – quella di Celine che mi ero comprata, mica quella di New York – era stato in effetti un ottimo investimento.
Tuttavia, essendo ormai impossibile nascondere i propri pensieri all’algoritmo di Instagram, nei giorni successivi a queste conversazioni esplorative su una più consapevole gestione del mio denaro un post sponsorizzato si è insinuato nella mia vita: “per una più consapevole gestione del tuo denaro”, recitava infatti la didascalia dell’app, ma anche “diventa la persona più interessante della stanza”, un secondo obiettivo che mi è subito sembrato perfettamente in linea con le mie ambizioni più ataviche. Il telefono mi dimostra ancora una volta di conoscermi meglio dei miei genitori, e com’è ovvio scarico l’app pubblicizzata seduta stante.
C’è un periodo di prova gratuito, dopodiché, vengo informata, pagherò un piccolo abbonamento mensile, immagino per il resto dei miei giorni. Come ormai potete indovinare da soli, ho pagato molti abbonamenti nella mia vita, così tanti che se mi fossi tenuta tutti i soldi che ho dato alle varie piattaforme di streaming a quest’ora forse avrei le risorse per rilevare un piccolo cinema di provincia. Ho firmato iscrizioni di tutti i tipi, anche le più stupide, ho pagato corsi di fitness che non ho mai seguito, sono abbonata da anni alla Cucina Italiana cucinando esattamente zero pasti alla settimana, e mi sono fatta convincere a fare la carta di credito sul treno tra Roma e Milano, per farci non si sa bene cosa, se non pagare i molteplici abbonamenti di cui sopra. Eppure un lampo di buonsenso e amor proprio mi suggerisce che stavolta stiamo andando oltre il limite, e che non imparerò nulla sulla gestione delle mie finanze né tantomeno diventerò la persona più interessante della stanza, in nessuna delle stanze che popolerò in futuro, quindi mi premuro di segnare sul calendario la data in cui dovrò cancellare questo ennesimo abbonamento superfluo. Realizzo così che forse ho già imparato qualcosa: ho appena risparmiato 79 euro e 99 centesimi.
Come primo passo l’app mi chiede di selezionare gli argomenti che mi interessa approfondire tra una vasta gamma che comprende voci tanto specifiche quanto vaghe. Si va da “comprensione del mondo” a “mentalità di crescita”, qualsiasi cosa significhi. Io sono qui per capire cosa succede alla fine di Una poltrona per due e come fare più soldi con pochi soldi, quindi seleziono “soldi e investimenti” e “gestione del denaro”. Già che ci sono seleziono anche “crescita personale”, perché putacaso servisse a qualcosa sarebbe un’alternativa davvero molto economica alla psicoterapia.
Nella seconda fase mi viene sottoposto un elenco di titoli di libri che sarei interessata a leggere, e sospetto e mi auguro che alcuni di questi non esistano: Padre ricco padre povero, Soldi. Domina il gioco, Tu 6 un duro che fa soldi con la mentalità della ricchezza. C’è una quantità di pubblicazioni sui Bitcoin francamente eccessiva, oserei dire addirittura offensiva, ma ormai ci sono dentro e non posso permettermi inutili snobismi. Le scorro tutte, e mentre sento che l’anima sta lasciando il mio corpo realizzo che nessuno di questi libri sembra dedicato all’obiettivo della crescita personale, a meno che questa non passi per la trasformazione transitoria in brutta persona.
Seleziono tre titoli a caso solo per scoprire che per fortuna non mi sarà richiesto di leggerli, l’app ha raccolto per me degli utili riassunti che posso ascoltare a 1,5x mentre giro tra le corsie della Pam. “Non sei povera, sei pre-ricca” mi suggerisce il telefono mentre metto nel carrello dei cereali sottomarca che gridano il contrario.
Decido di iniziare da I segreti della mente milionaria, da cui scopro nei primi minuti di ascolto che i soldi non fanno la felicità, da sempre massima di chi non ha mai avuto problemi di soldi. Ma sono determinata a farmi una cultura in materia, e mi sembra lampante che la mente milionaria ancora non ce l’ho. Non solo la mente, ma anche il corpo non mi pare milionario: i miei denti alla deriva non sono quelli di una persona ricca, i capelli tradiscono una scarsa frequentazione del parrucchiere. Le occhiaie e la gobba suggeriscono che passo molte ore davanti a un computer in Pianura Padana, e troppo poche ore sulle spiagge assolate dei Caraibi.
Nei venti minuti di ascolto che servono per riassumere tutto il libro però mi viene insegnato solo un metodo di dubbia utilità, secondo cui la ricchezza è tutta una questione di volontà. L’autore consiglia di ripetere ogni giorno allo specchio 17 dichiarazioni per sviluppare la mente milionaria, ma non è dato sapere quali siano. Poco importa comunque, ognuno si può creare le sue, quello che conta è l’atteggiamento positivo, primo requisito della mente milionaria. È forse dunque la mente milionaria che mi ha portato in questi anni a spendere sempre un po’ più di quanto guadagnassi? Vuoi vedere che quella che ho sempre scambiato per sconsideratezza altro non era che la mente milionaria? Saremo mica tutti milionari in potenza a casa mia? “I ricchi pensano in grande, i poveri in piccolo”, mi dice l’app mentre mi trovo davanti alle buste di insalata scontate del 30% in quanto scadute o in procinto di. Penso in grande, mi penso milionaria, e compro un lattughino a prezzo pieno.
Vado avanti così per qualche giorno, in un turbinio di citazioni di Warren Buffett e consigli farraginosi che hanno più a che fare con una simulazione della ricchezza che con una concreta pratica di amministrazione, e mentre sento un gilet tecnico da stronzo materializzarsi su di me e la parola “mindset” mi riecheggia nelle orecchie, realizzo che nessuna app al mondo mi può salvare dalle cattive abitudini. Dopo aver solidarizzato con Mike Tyson, che scopro essere finito in bancarotta pur guadagnando 400.000 dollari al mese, decido che cercherò indicazioni altrove – forse da un consulente finanziario come fanno le persone normali – e cancello l’app.
Quella notte sogno di giocare al Superenalotto. Nel sogno dico al tabaccaio di segnare “sicuramente il 14” e poi il 96, perché nella dimensione onirica non so nulla proprio come nella realtà. Infatti si dà il caso che si possano giocare i numeri solo fino al 90, scopro il giorno dopo mentre mi affretto a comporre una schedina in ricevitoria. Sulla schedina del sogno, a mo’ di intestazione, c’era scritto “Il porco”, il numero 4 nella smorfia napoletana, che ho scelto come testo ermeneutico per l’occasione. Me lo sono appuntato nel cuore della notte per paura di scordarmelo, in quel dormiveglia drogato che è terreno fertile per le idee più stupide che tutti abbiamo avuto. Il giorno dopo ritrovo la nota sull’iPhone, una serie di numeri, il porco, e per qualche motivo la regione Liguria, che nella smorfia napoletana, come forse potete immaginare, non è annoverata. Scelgo di assecondare i miei peggiori istinti, esacerbati dalla settimana appena trascorsa nel mondo delle criptovalute, e decido che Liguria significa avarizia. Numero 22, mi informa l’internet, come gli euro per un pezzo di focaccia a Bonassola.
Consegno la schedina alla tabaccaia, abbastanza sicura che la mia vita stia per cambiare per sempre. Le ore che mi separano dall’estrazione dei numeri vincenti le passo su Immobiliare.it a scorrere annunci di case oscenamente costose, avendo impostato il filtro di prezzo minimo (un milione) ma non quello massimo. Ho già deciso in quali città del mondo comprerò un pied-à-terre e quanti milioni regalare ad amici e parenti. Scelgo divani, lampade, tappeti. Lascio che la mia mente milionaria viaggi per realtà parallele, nessuna delle quali è abitata da una versione di me con i capelli crespi. Nel multiverso della mia ricchezza sono una benefattrice dalla chioma setosa, risolvo crisi umanitarie e ho finalmente il tempo per leggere Infinite Jest. Da ricca va a finire che sono anche la persona più interessante della stanza, oppure ho pagato i miei commensali per fingere che sia così.
Quando si fanno le 20:30 e nessuno dei miei numeri viene estratto – nemmeno il sicuro 14, nemmeno la Liguria – sento una piccola fitta di delusione. In effetti nel sogno giocavo, ma mi svegliavo prima di scoprire se avevo vinto. Tale è l’incompatibilità tra me e il denaro: anche nei miei sogni più vividi e sfrenati non posso ambire allo stile di vita che vorrei. Resto solo una pre-ricca, e niente di più.